sabato 5 aprile 2008

Atti convegno (Parte 1) - Mio intervento

Comincio la pubblicazione degli atti del convegno "Dalla condivisione delle ideologie alla condivisione delle idee".

Inizio con il mio intervento di apertura. Di seguito il testo dell'intervento.



Il nostro è un paese veramente strano.

Da una parte abbiamo un personaggio che riceve lettere da Hu Jintao (il presidente cinese) perché (cito testualmente): “Ritengo di grande importanza che i leader che influenzano l’opinione pubblica, come voi siete, conoscano la verità sul Tibet”.[1]

Dall’altra, lo stesso personaggio viene sistematicamente ignorato da televisioni e giornali. Nonostante ciò, le sue opinioni rimbalzano di bocca in bocca e le sue iniziative portano in piazza centinaia di migliaia di persone in tutta Italia. Il tutto scrivendo una paginetta al giorno su internet!

Dall’altra parte del mondo, guardando alle voci di spesa dei due candidati alle primarie presidenziali americane, si scopre [2] che Obama ha investito praticamente tutto nella promozione “online”, coinvolgendo i suoi supporter per “creare” la sua campagna. La Clinton, di converso, ha speso praticamente tutto per promuovere la sua immagine “offline”, alla vecchia maniera. Il risultato è che i due corrono praticamente testa a testa, ma Obama ha speso un terzo della Clinton. Tra parentesi: entrambi hanno raggranellato diversi milioni di dollari grazie alle donazioni tramite internet.

Ho un po’ banalizzato, ovviamente, ma è lì, ormai sotto gli occhi di tutti. Internet, la rete, il suo popolo stanno irrompendo nella comunicazione (anche in quella politica) e ne stanno cambiando gli schemi.

Una volta, i giornalisti intervistavano, poi mediavano, interpretavano e infine raccontavano. Poi, la televisione ha eliminato un paio di passaggi, ma non è che sia cambiato gran che. Oggi, le interviste i candidati le fanno online, rispondendo in diretta alle domande di quelli che io definisco gli “interspettatori”. Gente che non si limita a guardare, ma che si documenta, fa domande, esige risposte e poi quelle risposte le analizza e ne discute l’autorevolezza e la fondatezza… nel proprio blog! Con altri “blogger”!

C’è però un'altra faccia della medaglia. Siamo uno dei paesi con la più bassa percentuale di famiglie con una connessione a banda larga. Peggio di noi solo Malta, il Portogallo e tutta l’Europa dell’Est[3].

Non è un mistero che da noi interi paesi (tra i più belli del nostro territorio, per lo più adagiati tra le nostre montagne ma alle volte anche alle porte di grandi città) non sono e non saranno mai serviti dall’ADSL perché sarebbe “antieconomico” per l’operatore che dovrebbe servirli.

Mi sono allora chiesta se i cittadini che vivono lì non fossero in qualche modo discriminati. Perché internet oggi non significa solo “blog”, ma anche accesso ad informazioni che altrimenti non si potrebbero avere. In altre parole, oggi l’accesso ad internet è fondamentale per una vera “partecipazione democratica” dei cittadini. Negare quell’accesso è negare la democrazia.

E’ di questi giorni la notizia che Milano ha vinto la gara per ospitare l’Expo 2015. Si aspettano centinaia di migliaia di visitatori al giorno. Molti di loro verranno da paesi dove è normalissimo sedersi su una panchina in un parco, aprire il proprio palmare, connettersi ad internet e scaricare la posta, inviare foto, aggiornare il proprio blog. Saremo in grado di garantirgli la stessa esperienza? Con le attuali leggi no: saranno prima costretti a registrarsi, fornendo copia di un documento di identità. Sempre se riusciranno a trovare un HotSpot disposto a farsi carico di tutte le procedure burocratiche necessarie e dei costi ad esse correlati.

La rete oggi è sotto attacco, dipinta spesso come covo di “pedoterroristi” che sbavano dietro la tastiera in attesa dei nostri poveri bambini. E quindi bisogna rendere l’accesso il più problematico possibile.

Cito testualmente[4] da un’ANSA del 12 marzo: Anoressia, bulimia, reati a sfondo sessuale, pedopornografia e adescamento online sono solo alcuni dei rischi in cui possono imbattersi i minori navigando in rete.

La soluzione proposta non è però un rafforzamento degli organi investigativi e delle pene, o una migliore educazione all’uso del mezzo, o una maggiore vigilanza da parte dei genitori ma (cito ancora testualmente): una legge che permetta l’accesso ad internet solo grazie ad una licenza.

Non voglio qui negare che i “pericoli” dipinti esistano. Esistono però, anzi principalmente, al di fuori della rete. E continuare a vedere solo gli aspetti negativi della rete tralasciandone gli effetti benefici in termini di conoscenza, interrelazione, cooperazione, crescita e arricchimento personale sarebbe come sostenere che Picasso non è un artista solo perché i suoi quadri non ci piacciono.

Proposte come quella citata sono indicative di una deriva censoria che non è degna di un paese democratico. Al contrario, bisogna rendere l’accesso il più facile possibile, così da far crescere la conoscenza e la consapevolezza di ciascuno di noi.

Oggi il nostro paese ha tanti problemi, alcuni dei quali così stringenti da richiedere che ogni sforzo sia indirizzato alla loro soluzione. A mio avviso, però, non possiamo permetterci di trascurare il futuro del nostro paese. Se è vero, come è vero, che siamo ormai entrati nella “società della conoscenza”, se economisti, sociologi ed opinionisti cominciano a parlare di “economia della felicità”, allora parte di quegli sforzi dovrà essere indirizzata a far si che quella conoscenza possa crescere.

E per raggiungere questo obiettivo, è necessario cominciare a pianificare adesso le infrastrutture che occorrono, tenendo presente che ormai viviamo in un mondo che non è più diviso in compartimenti stagni: ogni azione, ogni intervento, causa effetti che si propagano in tutta la società.

Ad esempio, se oggi si decidesse di investire in un’infrastruttura di rete che porti la fibra ottica nelle nostre case (in tutte le case), si metterebbero in gioco un paio di decine di miliardi di euro, con una ricaduta benefica in termini di occupazione. Un po’ come quando, ai tempi del boom, si costruì l’Autostrada del Sole.

Una volta che l’infrastruttura fosse pronta, si potrebbe aumentare la quota di gente che lavora da casa, eliminando parte del traffico pendolare casa/lavoro/casa con effetti benefici sull’ambiente, sulla qualità della vita e sul portafogli delle persone. Per non dire che, secondo alcuni[5], avere tutte le case cablate permetterebbe un risparmio energetico pari a quello che si otterrebbe costruendo qualche centrale nucleare.

Avere le scuole cablate potrebbe permettere agli studenti l’accesso ai libri di testo direttamente dal loro banco in formato elettronico. Oltre che a tutta una serie di informazioni e conoscenze che a molti di loro oggi sono precluse. Di nuovo un risparmio (concreto) per le famiglie. Nonché un miglioramento (spero) della qualità dell’insegnamento.

Con una tale infrastruttura le nostre aziende potrebbero scambiarsi informazioni in modo più efficace, aumentando quella produttività che tanti economisti oggi mettono come pre-requisito per un aumento dei salari. E lo Stato potrebbe risparmiare sui costi migliorando l’efficienza e snellendo la burocrazia.

Non parliamo dei nostri paesini che potrebbero mettersi online e farsi pubblicità magari attirando turisti che altrimenti non li avrebbero mai conosciuti.

Di esempi come questi se ne potrebbero fare tantissimi.

Il problema che si pone è: chi dovrebbe fare questi investimenti? La Telecom? Con quali soldi? E se fosse, i suoi concorrenti avrebbero diritto ad usare poi quelle strutture o potrebbe operare in regime di monopolio? E internet deve essere libera oppure censurata?

Le risposte a queste domande non sono ovviamente semplici. E non ho la presunzione di credere che saranno date oggi. Quello che so è che noi politici non possiamo più permetterci di ignorare le domande. Altri paesi se le stanno ponendo da molto più tempo di noi e alcuni hanno già dato le risposte. Per rimanere ai nostri vicini, la Francia vuole portare la fibra al 100% dei suoi cittadini entro i prossimi tre anni perché, per dirla come Jacques Attali[6] “Un paese che non promuove l’accesso a internet è condannato al declino. Esattamente come chi qualche anno fa non ha intuito la portata dell’invenzione del telefono”.

Per parlare di tutto questo ho invitato qui oggi i nostri ospiti.

Il Dott. Stefano Quintarelli è un nome noto a chi frequenta la rete. Esperto delle dinamiche sociali legate alla rete, che ha contribuito a portare in Italia, è anche uno dei fondatori di wikidemocracy, esperimento che si propone di avvicinare gli elettori alla stesura dei programmi dei partiti.

Il Prof. Francesco Sacco dell’Università dell’Insurbria, Varese e della Bocconi di Milano, insegna “Strategie e Politiche Aziendali” e “Management Consulting”.

L’On. Stefano Pedica è capolista al Senato nel Lazio per l’Italia dei Valori, nonché coordinatore regionale del partito.

Sono personaggi abituati a confrontarsi con nomi altisonanti dell’industria, delle istituzioni e dell’economia. Per questo sono loro estremamente grata per aver accettato l’invito di un’illustre sconosciuta e di essere venuti fin qui, ai confini dell’impero, per questo incontro.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bellissmo BLOG, brava Maria
Anche se non sono venuto o seguito qui il convegno e ho letto con interesse il tuo intervento e visto quello del relatore molto bravo. Tutto interessante e istruttivo.
Dici che non c'erano giornalisti... infatti non ce ne sono !
Le associazioni di certo hanno perso qualcosa.
Ma sono convinto che è la strada giusta e che ti/ci porterà a qualcosa di positivo.
Forza Maria, ciao.
MIMMO